Eurovisioni



Cent’anni fa, l’irrompere della guerra mise fine a un’epoca, definita “bella”, in cui, per quattro decenni, si era registrato fervore tecnologico con un ottimismo per il progresso e l’avvenire che oggi non è facile riscontrare. La mostra “Eurovisioni. Tito Pasqui: un forlivese alle Grandi Esposizioni (1873-1906)” offre uno spazio per vivere un tempo andato. Inaugurata venerdì (10 ottobre 2014) dal sindaco Drei, resterà aperta fino al 6 gennaio (2015) ai Musei San Domenico. L’allestimento è accattivante e pone interessanti spunti di lavoro anche per le scuole. Lo sguardo in cui si immedesima il pubblico, infatti, è quello di Tito Pasqui, esponente forlivese di quella borghesia affascinata da invenzioni e cose nuove. Si ripercorre la sua esperienza di “periferico” impegnato nello studio e nella politica (sarà anche eletto deputato e a poco a poco salirà i gradini del Ministero dell’Agricoltura), desideroso di conoscere idee che avrebbero migliorato le condizioni sociali ed economiche della Romagna, dell’Italia e dell’Europa. In linea con le attività di suo padre Gaetano, titolare di un’agenzia per macchine e strumenti agrari, pioniere di coltivazioni tra cui il luppolo (fu anche birraio), inventore; Tito crebbe in questo clima poliedrico e curioso. Aperto alle invenzioni e alle innovazioni, attratto dalle prodigiose trovate, dall’elettricità alle belle arti, fu tuttavia un notabile conservatore legato alla tradizione. Studioso imperterrito, vinse numerosi concorsi che lo distinsero in incarichi prestigiosi fino a rappresentare il Governo italiano alle Esposizioni Universali del tempo: aggancio per cui la mostra è collegata con l’Expo di Milano del 2015. Il materiale raccolto nei suoi viaggi e per le sue ricerche (fu tra l'altro, insegnante, conferenziere, pubblicista) venne donato alla Biblioteca civica. Nelle buste del Fondo Pasqui, accanto a taccuini in cui il forlivese annotava minuziosamente i suoi ricordi di viaggio, sono raccolte le planimetrie delle Esposizioni, colorati cartoncini pubblicitari, inviti a pranzi di gala, menu, biglietti da visita, di viaggio in treno o in mongolfiera, cartoncini d’ingresso, lettere. Interesse e spazio è dato, oltre all'agronomia, anche a progetti per trasporti e infrastrutture. La mostra propone al pubblico una parte significativa di questi documenti, anche con l’aiuto di grandi riproduzioni fotografiche e video. L'iniziativa è ideata e curata da Roberto Balzani, e realizzata a cura di Cristina Ambrosini, Flora Fiorini, Antonella Imolesi Pozzi e Sergio Spada e con la collaborazione di Samantha Fantozzi che ha scritto la tesi utilizzata per molti dei testi, e del personale tutto del Servizio Pinacoteca e Musei. Per il resto si tratta di una “mostra corale”, al cui allestimento, cioè, hanno contribuito numerose associazioni culturali locali legate ai treni, alle tradizioni agricole, al collezionismo. Si possono notare anche i pesi e le misure della Camera di Commercio (esigenza non da poco, e molto sentita allora, era quella di uniformare il sistema metrico) ed è anche l’occasione per ricordare che a Forlì è presente il più antico Museo etnografico della Romagna: da esso vengono alcune delle “macchine” esposte. E’ dedicato spazio, infine, allo sport del tempo, i primi “giri” ciclistici, il “gioco del pallone”: poteva trattarsi di un modo meno cruento per dar sfogo alle rivalità tra i paesi europei. Poi però scoppiò la guerra.

Testo di articolo pubblicato su "La Voce di Romagna" l'11 ottobre 2014.

Nell'immagine: la presentazione della mostra.

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