Tito Pasqui e le macchine americane

Nel cuore dell’Italia post-unitaria, mentre vaste aree agricole restavano segnate da malaria, scarsità di manodopera e terreni difficili, si giocava una partita fondamentale per il futuro dell’agricoltura nazionale. Una partita che vedeva protagoniste le macchine agricole americane… e un nome italiano destinato a emergere con autorevolezza e visione: Tito Pasqui.

La relazione firmata da Charles M. Wood, Deputy Consul General degli Stati Uniti a Roma, datata 31 luglio 1883 e pubblicata per conto del Bureau of Manufactures / Bureau of Foreign Commerce nel 1905 tra le pagine del Monthly Consular and Trade Reports con titolo American Agricultural Machinery in Italy restituisce un capitolo poco noto, ma decisivo, della modernizzazione agricola in Italia. Un documento prezioso che, a distanza di oltre un secolo, restituisce il ritratto di Tito Pasqui come ponte tra scienza agraria italiana e innovazione internazionale, protagonista silenzioso ma decisivo di una svolta epocale.

Il 26 giugno 1883, a Grosseto, si sarebbe tenuto un evento senza precedenti: un’Esposizione Internazionale di mietitrici e legatrici, seguita da prove pratiche in campo, organizzata sotto l’egida del Governo italiano. Le dimostrazioni avvennero nelle grandi tenute dei signori Ricasoli, Ponticelli e Luciani, su terreni tutt’altro che facili. L’obiettivo era ambizioso e strategico: individuare soluzioni meccaniche capaci di rendere produttive zone difficili come le piane costiere toscane e la Campagna Romana, riducendo al minimo l’impiego di manodopera.

Accanto a macchine tedesche, austriache, francesi, inglesi e belghe, comparvero tre nomi che suscitarono curiosità e aspettative: Walter A. Wood, Warder, Bushnell & Glessner e McCormick. Tutte presentarono mietitrici e legatrici a spago, poiché le legatrici a filo non erano ammesse. Le condizioni del terreno – argilloso, vischioso, a tratti alluvionale – misero in seria difficoltà molte macchine europee: ruote che sprofondavano, meccanismi che cedevano, avanzamenti incerti. Al contrario, le macchine americane lavorarono con sorprendente regolarità, “prendendo il terreno così come veniva”, superando ostacoli e confermando la reputazione dei loro costruttori.

Tra i membri della commissione giudicatrice figurava Tito Pasqui, allora sovrintendente governativo all’agricoltura. Accanto a lui, personalità di primo piano come Antonio Pacinati (presidente della giuria) e Vincenzo Testini. Pasqui non fu un semplice spettatore: partecipò a un’analisi minuziosa delle macchine, valutandone l’usura per attrito, la qualità dei materiali, il peso complessivo e la facilità di trazione. Il giudizio non si limitava alla prestazione immediata, ma mirava a comprendere la sostenibilità nel tempo di quelle innovazioni.

Il risultato fu netto: Primo premio assoluto alla McCormick, con 1.000 lire, medaglia d’oro, diploma d’onore e l’acquisto di due macchine da parte dello Stato. Secondo premio alla Warder, Bushnell & Glessner, con 500 lire e medaglia d’argento.

Le prove non si fermarono a Grosseto. Il 6 luglio e poi il 14 luglio 1883, nuove dimostrazioni si svolsero nei dintorni di Roma e a Ciampino, su terreni di origine vulcanica, ricchi di tufo, pietre e lapilli. Ancora una volta, le macchine americane – in particolare la McCormick – si dimostrarono superiori.

È qui che emerge il tratto forse più interessante per chi oggi si occupa di storia agricola. In conversazioni private con il viceconsole statunitense Charles M. Wood, Tito Pasqui espresse ripetutamente la propria ammirazione per la meccanica agricola americana, auspicando una presenza sempre più ampia di queste macchine nelle esposizioni italiane future. Parole che rivelano una mentalità aperta, internazionale, profondamente moderna: Pasqui sapeva che  l’Italia poteva e doveva imparare da chi era più avanti sul piano tecnico.

Va infine sottolineato (come fa lo stesso rapporto consolare) il ruolo attivo dello Stato italiano: trasporto gratuito delle macchine, cavalli da tiro forniti, spese di prova interamente a carico della Commissione agricola governativa. Un investimento pubblico consapevole, mirato a diffondere il progresso.


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