Tito Pasqui e l'Inchiesta Agraria

Nel cuore della Romagna storica agricola dell’Ottocento si intrecciano figure che hanno dato contributi significativi alla comprensione e alla trasformazione dell’agricoltura italiana: tra queste spicca Tito Pasqui, agronomo, ingegnere civico e docente, impegnato nello sviluppo tecnico e culturale dell’agricoltura sul finire dell'Ottocento. Pasqui è ricordato non solo per la sua attività scientifica e politica, ma anche in relazione alle riflessioni che emergono nell’ambito dell’Inchiesta Agraria promossa dal Parlamento italiano sotto la guida di Stefano Jacini.

Promossa con la legge del 15 marzo 1877, l’Inchiesta Agraria — comunemente detta Inchiesta Jacini — fu una vasta indagine parlamentare volta a fotografare lo stato dell’agricoltura italiana post-unitaria tramite la raccolta di questionari, monografie e studi tecnici su ogni circoscrizione del Paese. L’obiettivo era duplice: comprendere la realtà produttiva e sociale del mondo rurale, e suggerire politiche riformatrici capaci di modernizzare un settore centrale per l’economia nazionale.
Titano di riflessione tecnica non certo marginale nella cultura agraria italiana della sua epoca, Tito Pasqui nasce a Forlì nel 1846, figlio di una famiglia con radici nell’agricoltura e nell’innovazione tecnica; il padre Gaetano era infatti agronomo e inventore di strumenti rurali. Tito compie studi brillanti in ingegneria civile presso l’Università di Bologna e, dopo il servizio come volontario garibaldino, si dedica all’università e alle scuole agrarie come docente e promotore di meccanizzazione agricola. In seguito diventerà anche alto funzionario del Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio e svolgerà attività politico-istituzionale di rilievo. Nel testo della monografia cesenate del 1879, inserita tra le relazioni circoscrizionali raccolte dalla Giunta parlamentare per l’Inchiesta Agraria, emerge un passaggio in cui Pasqui è citato durante una conferenza agraria a Cesena. In quel contesto, Pasqui si confronta su un tema concreto di tecnologia agricola: gli strumenti per la preparazione dei terreni. Si cita infatti che in una recente conferenza agraria tenuta in Cesena dall’“illustre prof. Tito Pasqui di Forlì” si è valutato problematico l’uso di uno strumento chiamato “rabbio”, suggerendo in alternativa un erpice più adeguato per non compattare terreni già faticati dal lavoro umano. Si tratta di un esempio significativo di come Pasqui non si limitasse a mero commento teorico, ma intervenisse sulla realtà pratica dell’agricoltura, ponendo questioni di efficienza e di progresso tecnico: ovvero come adeguare macchine e strumenti alla natura del terreno e alle esigenze produttive, ponendo l’accento sulla meccanizzazione come ponte tra tradizione e modernità produttiva.

La citazione di Pasqui nel volume L’Inchiesta agraria “Jacini” nel circondario cesenate. Dalle monografie di Filippo Ghini e Federico Masi, a cura di Pier Paolo Magalotti, con la collaborazione di Luca Baravelli, Alberto Bernabini, Davide Dusi, Martina Marchi e Tommaso Pirini, alunni del Liceo Scientifico “A. Righi” di Cesena, (Cesena, Stilgraf, 2004) non è casuale: essa colloca la riflessione sull’agricoltura italiana in una dimensione concreta e operativa, mettendo in evidenza alcuni punti chiave: Pasqui rappresenta quel filone di studiosi e tecnici che vedevano nella diffusione di strumenti moderni (come erpici e trebbiatrici a vapore) un elemento essenziale per aumentare produttività e ridurre il peso del lavoro manuale. La sua critica all’uso del “rabbio” è un esempio pratico di questa visione. L’attenzione alla natura del terreno mette in evidenza un elemento fondamentale: la tecnologia doveva essere adattata alle condizioni specifiche dei territori, non imposta come soluzione uniforme. Questo rifletteva parte delle conclusioni più larghe dell’Inchiesta, che evidenziava forti differenze regionali nella capacità produttiva e tecnica.

La presenza di Pasqui, docente e tecnico, in una conferenza agraria legata all’Inchiesta segnala l’importanza di una circolazione delle conoscenze tra mondo accademico, comunità agricola locale e istituzioni nazionali — un presupposto che molte politiche agrarie dell’epoca stavano cercando di sviluppare. La figura di Tito Pasqui nell’ambito dell’Inchiesta Agraria Jacini emerge dunque come quella di un esperto che cercava di portare innovazione tecnica, analisi critica e adattamento locale nei processi di modernizzazione dell’agricoltura italiana. La sua citazione nel volume riflette l’incontro tra conoscenza teorica, esperienza pratica e dibattito tecnico-politico che caratterizzò la transizione dell’agricoltura italiana verso modelli più moderni nel tardo Ottocento.


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