La cronaca restituisce l’immagine di una giornata animata, con padiglioni curati, produzioni locali esibite con orgoglio e un pubblico partecipe. La Mostra non si limitava a stupire l’occhio: educava, spiegava, confrontava. Era, nelle parole del tempo, una scuola pratica a cielo aperto, dove il progresso agrario si mostrava concreto e possibile.
Tra i molti intervenuti, il giornale segnala con attenzione nomi e presenze di rilievo, a testimonianza dell’importanza dell’evento: autorità civili e amministrative locali, rappresentanti delle istituzioni agrarie, tecnici e studiosi del settore, funzionari dello Stato giunti a sancire il valore nazionale dell’iniziativa. E tra questi spicca una figura che la cronaca mette in particolare evidenza: il forlivese Tito Pasqui.
Il giornale non lesina parole nel descrivere il ruolo di Pasqui, ricordandolo come colui “che così degnamente oggi rappresenta tra noi il Governo”. Pasqui, allora direttore generale al Ministero di Agricoltura, emerge come funzionario di tempra, capace di coniugare competenza tecnica e visione civile. La sua presenza a Schio non è formale: egli è indicato tra i “valorosi difensori del patrimonio verde d’Italia”, uomini chiamati a proteggere boschi, campagne e risorse naturali in un’epoca in cui il disboscamento e l’incuria minacciavano il territorio nazionale. Non solo: il giornale lo annovera esplicitamente tra i “benemeriti veramente del rimboschimento d’Italia”, riconoscendogli un impegno concreto e continuativo nella ricostruzione forestale, vista come presidio ambientale, economico e sociale.
Rileggere oggi quella cronaca significa riscoprire un’Italia che investiva sul sapere agricolo e sulla responsabilità pubblica. La Mostra di Schio del 1911 fu un crocevia di idee, prodotti e persone. E Tito Pasqui ne rappresentò il volto istituzionale più autorevole: non un semplice ospite, ma un simbolo di uno Stato presente, competente e attento al futuro verde del Paese.

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