Tito Pasqui tra politiche agricole e bonifiche

Nel corso della sua carriera Tito Pasqui ricoprì incarichi statali di grande responsabilità, che gli permisero di incidere in modo concreto sulle politiche agricole e territoriali dell’Italia postunitaria. La nomina a ispettore generale dell’agricoltura lo colloca in una fase storica particolarmente delicata, tra la fine dell’Ottocento e il primo dopoguerra, quando il Paese era ancora segnato da forti squilibri economici, da un’agricoltura arretrata in molte aree e da vaste zone improduttive o malsane. In quegli anni lo Stato italiano era impegnato nel difficile compito di modernizzare il settore primario, migliorare la produttività dei suoli e affrontare problemi strutturali come la frammentazione fondiaria, la scarsa meccanizzazione e le condizioni di vita delle popolazioni rurali.

Nel suo ruolo ispettivo, Pasqui svolse funzioni di controllo, studio e proposta, contribuendo alla diffusione di criteri più scientifici nella gestione agricola e nella valutazione degli interventi pubblici. Egli sostenne l’importanza di collegare le politiche agrarie alla formazione tecnica, alla sperimentazione e all’uso razionale delle risorse, in linea con una visione moderna dello sviluppo rurale. Particolare attenzione riservò al tema delle bonifiche, considerate uno strumento essenziale non solo per l’aumento delle superfici coltivabili, ma anche per il risanamento sanitario e sociale di interi territori.

In questo contesto si inserisce la sua presidenza della bonifica dell’Agro Romano, una delle aree simbolo delle difficoltà agrarie italiane. Tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, l’Agro Romano era caratterizzato da paludi, malaria e scarsa densità abitativa, nonostante la vicinanza alla capitale. Pasqui affrontò il problema con un approccio tecnico e graduale, sostenendo interventi di drenaggio, regolazione delle acque e organizzazione agricola, accompagnati da una visione complessiva di sviluppo. La sua azione si colloca nella lunga stagione delle bonifiche italiane, che tra il 1880 e il 1920 rappresentarono uno dei principali strumenti di modernizzazione territoriale. In queste esperienze Pasqui contribuì a consolidare l’idea che la bonifica fosse un’opera di civiltà, capace di unire progresso economico, tutela della salute pubblica e rafforzamento dello Stato nazionale.

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