Tito Pasqui emissario dell'agricoltura italiana a Vienna

Nel numero 119 della Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia del 21 maggio 1907, tra una lunga serie di leggi, decreti e provvedimenti amministrativi del Governo Vittorio Emanuele III, troviamo annotazioni che oggi destano curiosità per il nome e la figura di Tito Pasqui. Il testo ufficiale è parte integrante dell’ordinaria pubblicazione delle decisioni dello Stato italiano – la Gazzetta Ufficiale costituisce infatti la fonte primaria e normativa di ogni atto legalmente vincolante nel Regno d’Italia dell’epoca.

La dizione “designato per Vienna” si riferisce a un incarico diplomatico-tecnico attribuito a Pasqui dal Governo italiano per rappresentare il Regno nel capoluogo dell’Impero austro-ungarico in seno a importanti organismi internazionali. Nel dettaglio, Tito Pasqui fu rappresentante del Governo italiano all’Esposizione Agricola Universale di Vienna e a un Congresso internazionale di economia rurale e forestale, incarichi per i quali veniva formalmente scelto e comunicato allo Stato tramite la pubblicazione ufficiale nella Gazzetta Ufficiale. Tito Pasqui era una figura di spicco nel panorama agrario e politico italiano: agronomo di formazione, volontario garibaldino nella giovinezza e uomo pubblico poliedrico, il suo curriculum spazia tra insegnamento, amministrazione locale e ruoli nazionali. 

Dalla fine del XIX secolo, nell’Italia che cercava di consolidare la propria presenza nelle esposizioni internazionali e nei rapporti con le potenze europee, Pasqui divenne un mediatore istituzionale tra Stato e settore agricolo. La sua nomina a Vienna nel 1907 non fu un caso isolato: era già stato rappresentante del Governo italiano all’Esposizione Universale di Parigi nel 1900 e aveva ricoperto incarichi di natura tecnica e diplomatica legati all’economia rurale. All’inizio del XX secolo le esposizioni universali e agricole costituiscono più di fiere commerciali: sono palcoscenici internazionali in cui gli Stati mettono in mostra innovazioni tecnologiche, prodotti nazionali e politiche economiche. L’Esposizione di Vienna rappresentava un’occasione per promuovere l’agricoltura italiana, mettere in contatto produttori e istituzioni, consolidare relazioni con l’Impero austro-ungarico e partecipare al dibattito scientifico e commerciale europeo. In questo quadro, la figura di un delegato con competenze tecniche ed esperienza internazionale come Pasqui assumeva un significato strategico.

La pubblicazione ufficiale del suo incarico nella Gazzetta Ufficiale è più di un semplice adempimento burocratico: era il mezzo con cui lo Stato attestava legalmente la sua designazione all’estero, permettendo al rappresentante di operare a pieno titolo e con la legittimazione del Governo. Il Regno d’Italia, come ogni Stato moderno, faceva (e fa) affidamento sulla Gazzetta Ufficiale per rendere ufficiali e pubblici i provvedimenti governativi. La pubblicazione del 21 maggio 1907 (serie n. 119, parte ufficiale) includeva atti dispositivi riguardanti, tra l’altro, nomine e designazioni per incarichi esteri. In essa, sotto la dicitura relativa ai provvedimenti dell’Ispettorato generale dell’industria o del commercio e della parte concernente il ministero degli affari esteri, si trova attestata la designazione di personalità italiane – come Pasqui – per missioni internazionali. Anche se l’estratto completo può risultare criptico nel linguaggio amministrativo, la pubblicazione costituisce un atto normativo vincolante, emanato dal Governo e reso pubblico con sigillo di Stato. La figura di Tito Pasqui oggi ci restituisce un quadro affascinante dell’Italia post-unitaria: un Paese che, uscito da decenni di conflitti per l’indipendenza, ambiva a imporsi sul palcoscenico europeo come produttore agricolo moderno e interlocutore tecnico. Il suo ruolo a Vienna nel 1907 rappresenta una tappa in questa evoluzione, dove scienza agraria e diplomazia economica si intrecciano.

In conclusione, Pasqui non fu un semplice “inviato”; fu un ambasciatore tecnico dell’Italia rurale, la cui designazione, resa pubblica nella Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia – n. 119 del 21 maggio 1907 – resta testimonianza concreta del profilo professionale e istituzionale che la nostra nazione intendeva dare ai suoi rappresentanti nel mondo.

Ma cosa accadde in quei giorni? Lo racconta sempre la Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia

Nel maggio del 1907, mentre Vienna si confermava uno dei grandi centri del dialogo scientifico ed economico europeo, prendevano ufficialmente avvio i lavori del VII Congresso internazionale di agricoltura, appuntamento di primaria importanza per il confronto tra Stati sulle politiche rurali, le innovazioni tecniche e l’organizzazione produttiva del settore agricolo. La notizia, riportata e formalizzata nelle pubblicazioni ufficiali del tempo, restituisce l’immagine di una partecipazione italiana ampia, qualificata e attentamente strutturata. Come già detto, il Ministero degli Affari Esteri del Regno d’Italia era rappresentato dal conte Eugenio Faina, presidente della Commissione reale per l’Istituto internazionale di agricoltura, figura di primo piano nella diplomazia agraria e nella cooperazione internazionale. A testimonianza della rilevanza attribuita al Congresso, il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio designò una delegazione di alto profilo tecnico-amministrativo: Tito Pasqui, ispettore generale del Ministero, affiancato dall’ispettore zootecnico Bartolomeo Moreschi, dal professor Montemartini, direttore dell’Ufficio del lavoro, e da Vittorio Nazari, capo divisione del Ministero. Anche il Ministero delle Finanze prese parte ufficialmente ai lavori, con la presenza del direttore generale Roberto Sandri e del dottor Angeloni, capo della divisione competente per le coltivazioni dei tabacchi, settore strategico per le entrate erariali e per l’economia agraria nazionale.

Accanto alle sessioni congressuali, il programma prevedeva una fitta serie di escursioni tecniche, pensate come momenti di studio sul campo e di confronto diretto con le realtà produttive dell’Impero austro-ungarico. Tra le più significative figuravano: l’escursione in Boemia (28-31 maggio), con visita alle grandi tenute di Wittingau e Frauenberg, culminante in ricevimenti ufficiali offerti dal municipio e dal Consiglio provinciale di Praga; il viaggio in Stiria (26-27 maggio) a Murau e Waldegg, dedicato allo studio degli allevamenti di cavalli, bovini e suini; la visita a Ungarisch-Altenburg, ai possedimenti dell’arciduca Federico e all’Accademia agraria; le escursioni a Orth ed Esslingen, per l’osservazione delle tenute della famiglia imperiale; la tappa a Kromau, in Moravia, presso i possedimenti del principe di Liechtenstein; il ritorno a Wittingau, per l’esame degli stabilimenti di piscicoltura; le visite industriali agli impianti di lignina, cellulosa e carta di Gmunden e Steyrermühl.

Non mancavano, inoltre, sopralluoghi agli istituti agronomici di Vienna e Klosterneuburg, ai campi sperimentali, all’istituto forestale di Mariabrunn, alla latteria di Vienna e ai grandi lavori di regolazione del Danubio, esempi emblematici di ingegneria applicata all’agricoltura e al territorio.

La dimensione scientifica del Congresso si intrecciava naturalmente con quella diplomatica. Alla vigilia dei lavori, l’ambasciatore d’Italia a Vienna, duca d’Avarna, ricevette ufficialmente la delegazione italiana: l’onorevole Raineri, il comm. Sandri, il comm. Tito Pasqui, il comm. prof. Moreschi, il prof. Montemartini, il comm. Nazari, il dott. Angeloni, nonché i professori Cuboni e Alpe, intervenuti per il Congresso. L’incontro, conclusosi con una colazione ufficiale, suggellava il carattere istituzionale della missione italiana. La sera stessa, il Comitato del Congresso internazionale di agricoltura offriva un primo ricevimento al Kursalon, luogo simbolo della mondanità viennese, dove scienza, politica e relazioni internazionali si incontravano in un clima di dialogo e rappresentanza.


Tito Pasqui al Congresso Internazionale d'Agricoltura

Roma fu teatro, nel 1903, di uno dei più importanti avvenimenti agricoli dell’inizio del secolo: il Congresso Internazionale d’Agricoltura, che riunì nella Capitale autorevoli rappresentanti dei governi europei, eminenti studiosi, uomini di Stato e protagonisti del mondo agrario internazionale. L’assise si distinse per l’ampiezza della partecipazione e per l’alto valore scientifico e politico dei dibattiti.

L’Ufficio di Presidenza del Congresso risultò composto da personalità di primissimo piano. Furono nominati Presidenti onorari i ministri Baccelli e Balenzano, don Prospero Colonna, sindaco di Roma, gli onorevoli Giusso e Luigi Luzzatti, nonché Gino Méline, già presidente del Congresso internazionale di Parigi del 1900, Bauduin, presidente del Congresso dell’Aja del 1891, e illustri delegati dei governi russo, portoghese, austriaco e tedesco, tra i quali il conte Schwerin-Löwitz, deputato e presidente del Consiglio agrario tedesco.

Particolare rilievo ebbero anche le nomine dei Segretari generali onorari, Henry Sagnier, membro della Società nazionale dell’agricoltura di Francia e segretario della Commissione internazionale di agricoltura, e il professor Westermann dell’Istituto reale agricolo e veterinario di Copenaghen, delegato del Governo danese. Presidente effettivo del Congresso fu il marchese Raffaele Cappelli, figura di grande prestigio nel mondo agrario italiano. Vicepresidenti furono designati, tra gli altri, De la Faille d’Auyst per il Belgio, il conte Aurelio Bessewffy per l’Ungheria, Giulio Develle per la Francia e Sir Thomas Elliot, delegato del Governo inglese.

Il Congresso si articolò in dieci Sezioni, ciascuna dedicata a specifici temi dell’agricoltura, dell’economia rurale e dell’amministrazione agraria. A ciascuna Sezione furono nominati un presidente onorario e uno effettivo, scelti tra senatori, deputati, tecnici ministeriali e rappresentanti delle maggiori istituzioni agricole. Nella quinta Sezione, dedicata a questioni di carattere tecnico-amministrativo e all’organizzazione dei servizi agrari, fu nominato presidente effettivo l’ingegnere Tito Pasqui, ispettore generale presso il Ministero di Agricoltura. La sua designazione testimoniò il ruolo centrale attribuito alle competenze tecniche e all’esperienza amministrativa nello sviluppo delle politiche agricole nazionali.

Nel suo incarico, Tito Pasqui ebbe il compito di dirigere i lavori della Sezione, coordinare il dibattito tra i delegati italiani e stranieri e contribuire all’elaborazione delle conclusioni sui temi affidati, fungendo da raccordo tra l’attività scientifica del Congresso e l’azione concreta dell’amministrazione statale. La sua presenza rappresentò un esempio significativo del coinvolgimento diretto dei quadri tecnici ministeriali nella costruzione di una moderna politica agraria.

Il Congresso Internazionale d’Agricoltura, tenutosi a Roma nel 1903, infatti, rappresentò non soltanto un grande incontro di governi e studiosi, ma anche una significativa affermazione del ruolo dei tecnici ministeriali nella costruzione delle moderne politiche agrarie. Accanto ai ministri, ai parlamentari e ai delegati stranieri, emerse infatti con forza la presenza dei funzionari dello Stato, chiamati a tradurre i principi scientifici e le deliberazioni congressuali in strumenti concreti di amministrazione e riforma. La struttura stessa del Congresso rifletteva questa impostazione. L’organizzazione in dieci Sezioni non affidava la presidenza esclusivamente a figure politiche, ma riservava ampio spazio a ingegneri, ispettori generali, capi-divisione e direttori tecnici del Ministero di Agricoltura, riconoscendo implicitamente che il progresso agricolo non poteva prescindere da competenze specialistiche e da una solida macchina amministrativa. In questo quadro si colloca in modo emblematico la nomina dell’ingegnere Tito Pasqui, ispettore generale del Ministero di Agricoltura, a presidente effettivo della Quinta Sezione del Congresso.

La scelta di affidare a Tito Pasqui la guida della Quinta Sezione non fu meramente formale. Essa sancì il riconoscimento del ruolo strategico dei quadri tecnici ministeriali, chiamati a fungere da cerniera tra l’elaborazione teorica e l’attuazione pratica delle politiche agrarie. Nel suo incarico, Pasqui: presiedette e coordinò i lavori della Sezione, assicurando rigore metodologico e ordine nei dibattiti; favorì il confronto tra esperienze nazionali e straniere, mettendo in dialogo funzionari, studiosi e rappresentanti dei governi; contribuì alla definizione delle conclusioni tecniche, destinate a orientare l’azione amministrativa dello Stato in materia agricola.

La sua funzione non fu dunque soltanto quella di moderatore, ma di interprete delle esigenze concrete dell’amministrazione pubblica, capace di tradurre le istanze emerse dal Congresso in indicazioni operative per i servizi agrari. La presenza di Tito Pasqui e di altri funzionari ministeriali nelle posizioni chiave del Congresso mise in evidenza una concezione moderna dell’intervento pubblico in agricoltura. Il progresso non veniva affidato unicamente all’iniziativa privata o alla legislazione parlamentare, ma alla competenza tecnica dello Stato, esercitata attraverso ispettori, ingegneri e funzionari specializzati. In tal senso, il Congresso del 1903 segnò un momento di maturazione istituzionale: l’agricoltura veniva riconosciuta come settore che richiedeva programmazione, conoscenza scientifica e continuità amministrativa, incarnate proprio dai tecnici ministeriali. Il lavoro svolto nelle Sezioni, sotto la guida di figure come Tito Pasqui, contribuì a dare al Congresso Internazionale d’Agricoltura un carattere non solo celebrativo, ma profondamente operativo. La partecipazione di circa mille congressisti e l’intensità dei dibattiti confermarono l’importanza di questa collaborazione tra politica e tecnica, destinata a influenzare a lungo l’organizzazione dell’agricoltura italiana ed europea.

Nella mattinata e nel pomeriggio le Sezioni lavorarono intensamente allo studio dei temi assegnati. Particolarmente viva fu la discussione nella prima Sezione, dove si affrontò il problema della concorrenza agricola degli Stati Uniti d’America, questione di grande attualità per l’agricoltura europea. Al dibattito, presieduto dall’onorevole Maggiorino Ferraris, intervennero il deputato ungherese Rubinek, relatore, il conte Schwerin per gli agrari tedeschi, Gino Méline per la Francia e gli onorevoli Visconti-Venosta, Di Rudinì e Luigi Luzzatti. Gli interventi, di alto profilo politico ed economico, suscitarono vivo interesse e furono frequentemente accolti da calorosi applausi.

La partecipazione di circa mille congressisti, provenienti da numerosi Paesi, confermò il carattere universale dell’iniziativa. Il Congresso Internazionale d’Agricoltura del 1903 si impose così come un momento fondamentale di confronto tra scienza, amministrazione e politica, volto a rafforzare la cooperazione internazionale e a individuare strategie comuni per il progresso dell’agricoltura e dell’economia rurale.

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