La dizione “designato per Vienna” si riferisce a un incarico diplomatico-tecnico attribuito a Pasqui dal Governo italiano per rappresentare il Regno nel capoluogo dell’Impero austro-ungarico in seno a importanti organismi internazionali. Nel dettaglio, Tito Pasqui fu rappresentante del Governo italiano all’Esposizione Agricola Universale di Vienna e a un Congresso internazionale di economia rurale e forestale, incarichi per i quali veniva formalmente scelto e comunicato allo Stato tramite la pubblicazione ufficiale nella Gazzetta Ufficiale. Tito Pasqui era una figura di spicco nel panorama agrario e politico italiano: agronomo di formazione, volontario garibaldino nella giovinezza e uomo pubblico poliedrico, il suo curriculum spazia tra insegnamento, amministrazione locale e ruoli nazionali.
Dalla fine del XIX secolo, nell’Italia che cercava di consolidare la propria presenza nelle esposizioni internazionali e nei rapporti con le potenze europee, Pasqui divenne un mediatore istituzionale tra Stato e settore agricolo. La sua nomina a Vienna nel 1907 non fu un caso isolato: era già stato rappresentante del Governo italiano all’Esposizione Universale di Parigi nel 1900 e aveva ricoperto incarichi di natura tecnica e diplomatica legati all’economia rurale. All’inizio del XX secolo le esposizioni universali e agricole costituiscono più di fiere commerciali: sono palcoscenici internazionali in cui gli Stati mettono in mostra innovazioni tecnologiche, prodotti nazionali e politiche economiche. L’Esposizione di Vienna rappresentava un’occasione per promuovere l’agricoltura italiana, mettere in contatto produttori e istituzioni, consolidare relazioni con l’Impero austro-ungarico e partecipare al dibattito scientifico e commerciale europeo. In questo quadro, la figura di un delegato con competenze tecniche ed esperienza internazionale come Pasqui assumeva un significato strategico.
La pubblicazione ufficiale del suo incarico nella Gazzetta Ufficiale è più di un semplice adempimento burocratico: era il mezzo con cui lo Stato attestava legalmente la sua designazione all’estero, permettendo al rappresentante di operare a pieno titolo e con la legittimazione del Governo. Il Regno d’Italia, come ogni Stato moderno, faceva (e fa) affidamento sulla Gazzetta Ufficiale per rendere ufficiali e pubblici i provvedimenti governativi. La pubblicazione del 21 maggio 1907 (serie n. 119, parte ufficiale) includeva atti dispositivi riguardanti, tra l’altro, nomine e designazioni per incarichi esteri. In essa, sotto la dicitura relativa ai provvedimenti dell’Ispettorato generale dell’industria o del commercio e della parte concernente il ministero degli affari esteri, si trova attestata la designazione di personalità italiane – come Pasqui – per missioni internazionali. Anche se l’estratto completo può risultare criptico nel linguaggio amministrativo, la pubblicazione costituisce un atto normativo vincolante, emanato dal Governo e reso pubblico con sigillo di Stato. La figura di Tito Pasqui oggi ci restituisce un quadro affascinante dell’Italia post-unitaria: un Paese che, uscito da decenni di conflitti per l’indipendenza, ambiva a imporsi sul palcoscenico europeo come produttore agricolo moderno e interlocutore tecnico. Il suo ruolo a Vienna nel 1907 rappresenta una tappa in questa evoluzione, dove scienza agraria e diplomazia economica si intrecciano.
In conclusione, Pasqui non fu un semplice “inviato”; fu un ambasciatore tecnico dell’Italia rurale, la cui designazione, resa pubblica nella Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia – n. 119 del 21 maggio 1907 – resta testimonianza concreta del profilo professionale e istituzionale che la nostra nazione intendeva dare ai suoi rappresentanti nel mondo.
Ma cosa accadde in quei giorni? Lo racconta sempre la Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia.
Nel maggio del 1907, mentre Vienna si confermava uno dei grandi centri del dialogo scientifico ed economico europeo, prendevano ufficialmente avvio i lavori del VII Congresso internazionale di agricoltura, appuntamento di primaria importanza per il confronto tra Stati sulle politiche rurali, le innovazioni tecniche e l’organizzazione produttiva del settore agricolo. La notizia, riportata e formalizzata nelle pubblicazioni ufficiali del tempo, restituisce l’immagine di una partecipazione italiana ampia, qualificata e attentamente strutturata. Come già detto, il Ministero degli Affari Esteri del Regno d’Italia era rappresentato dal conte Eugenio Faina, presidente della Commissione reale per l’Istituto internazionale di agricoltura, figura di primo piano nella diplomazia agraria e nella cooperazione internazionale. A testimonianza della rilevanza attribuita al Congresso, il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio designò una delegazione di alto profilo tecnico-amministrativo: Tito Pasqui, ispettore generale del Ministero, affiancato dall’ispettore zootecnico Bartolomeo Moreschi, dal professor Montemartini, direttore dell’Ufficio del lavoro, e da Vittorio Nazari, capo divisione del Ministero. Anche il Ministero delle Finanze prese parte ufficialmente ai lavori, con la presenza del direttore generale Roberto Sandri e del dottor Angeloni, capo della divisione competente per le coltivazioni dei tabacchi, settore strategico per le entrate erariali e per l’economia agraria nazionale.
Accanto alle sessioni congressuali, il programma prevedeva una fitta serie di escursioni tecniche, pensate come momenti di studio sul campo e di confronto diretto con le realtà produttive dell’Impero austro-ungarico. Tra le più significative figuravano: l’escursione in Boemia (28-31 maggio), con visita alle grandi tenute di Wittingau e Frauenberg, culminante in ricevimenti ufficiali offerti dal municipio e dal Consiglio provinciale di Praga; il viaggio in Stiria (26-27 maggio) a Murau e Waldegg, dedicato allo studio degli allevamenti di cavalli, bovini e suini; la visita a Ungarisch-Altenburg, ai possedimenti dell’arciduca Federico e all’Accademia agraria; le escursioni a Orth ed Esslingen, per l’osservazione delle tenute della famiglia imperiale; la tappa a Kromau, in Moravia, presso i possedimenti del principe di Liechtenstein; il ritorno a Wittingau, per l’esame degli stabilimenti di piscicoltura; le visite industriali agli impianti di lignina, cellulosa e carta di Gmunden e Steyrermühl.
Non mancavano, inoltre, sopralluoghi agli istituti agronomici di Vienna e Klosterneuburg, ai campi sperimentali, all’istituto forestale di Mariabrunn, alla latteria di Vienna e ai grandi lavori di regolazione del Danubio, esempi emblematici di ingegneria applicata all’agricoltura e al territorio.
La dimensione scientifica del Congresso si intrecciava naturalmente con quella diplomatica. Alla vigilia dei lavori, l’ambasciatore d’Italia a Vienna, duca d’Avarna, ricevette ufficialmente la delegazione italiana: l’onorevole Raineri, il comm. Sandri, il comm. Tito Pasqui, il comm. prof. Moreschi, il prof. Montemartini, il comm. Nazari, il dott. Angeloni, nonché i professori Cuboni e Alpe, intervenuti per il Congresso. L’incontro, conclusosi con una colazione ufficiale, suggellava il carattere istituzionale della missione italiana. La sera stessa, il Comitato del Congresso internazionale di agricoltura offriva un primo ricevimento al Kursalon, luogo simbolo della mondanità viennese, dove scienza, politica e relazioni internazionali si incontravano in un clima di dialogo e rappresentanza.

